La parrocchia che vorrei…

I giovanissimi ci dicono come sognano la nostra parrocchia

Giovedì sera, giunti al culmine del percorso che da ottobre settimanalmente svolge il gruppo Giovanissimi (15-18 anni), abbiamo lanciato loro una provocazione: dopo un momento di riflessione sul coinvolgimento attivo nella vita comunitaria, ai ragazzi è stato chiesto in forma anonima di raccontare “La parrocchia che vorrei: cosa manterrei e cosa cambierei”. Abbiamo raccolto le loro risposte e con loro abbiamo scelto successivamente di condividerle con la comunità riportandone di seguito il contenuto.  Tutti i ragazzi si sono soffermati sull’inclusività, per tutti la comunità parrocchiale deve essere un luogo di aggregazione, che accoglie tutti e guarda a tutti senza pregiudizi, assieme anche ad un’attenzione particolare nell’aiutare i più deboli: “La parrocchia che vorrei dovrebbe essere composta da persone senza pregiudizi, che non sprecano tempo in battaglie personali insensate demolendo l’essenza stessa della realtà parrocchiale, fatta di uguaglianza, accoglienza, rispetto”.  Ognuno, inoltre, deve potersi sentire parte della comunità senza distinzioni, pregiudizi, senza che nessuno venga escluso o messo da parte. In tanti hanno paragonato la Parrocchia alla famiglia o ad una seconda casa, un ragazzo ha scritto “penso che la chiesa debba essere questo, un luogo dove stare bene e sentirsi sé stessi. Vorrei una comunità in cui tutti si conoscono, una realtà unita in tutti i gruppi e, quindi, unica” . Bello è stato anche il desiderio espresso da tanti di una parrocchia che stia al passo con i tempi e riesca sempre a guardare ai cambiamenti del mondo traendone il bello: “una Parrocchia che non si adegua in alcun modo ai cambiamenti rischia di allontanare e non di avvicinare”.  In particolare qualcuno si è soffermato sulla realtà degli adulti e dei giovani, sottolineando che spesso ci sono molte possibilità per bambini ed anziani, mentre questa fascia d’età “generalmente rischia di essere poco coinvolta, ha una vita frenetica, ma cercare di integrare anche i “giovani-adulti” sarebbe bellissimo perché una parrocchia che per loro é come casa potrebbe essere un buon riposo dalla vita quotidiana”. Qualcuno ha anche espresso la sua visione circa il ruolo delle figure spirituali e dei sacerdoti, individuandoli come “guide che devono puntare al miglioramento continuo delle attività e dei rapporti umani tra le persone, ascoltando e accogliendo ogni idea e pensiero, e riuscendo a trarre il meglio da ognuno, evitando l’insorgere di insofferenze dovute a visioni differenti di alcuni aspetti della vita”.

Molti di loro hanno scritto che la parrocchia che vorrebbero dovrà sempre essere una parrocchia che accoglie, senza giudicare l’assenza, senza criticare le mancanze, ma gioendo della presenza degli individui. Da tanti è uscito infine il bisogno, ma anche la bellezza, del “sentirsi parte di un gruppo”, di quel gruppo che hanno frequentato per tutti questi anni. Gruppo che, come una famiglia, ha momenti di gioie e di difficoltà, litigi, discussioni, ma come scrive un ragazzo “alla fine ho fatto così tante, bellissime esperienze che quelle brutte sono solo un dettaglio in lontananza, un colore sbiadito tra mille colori accesi”.