TRIGESIMO DI DAVIDE BIGONI  

8 GIUGNO 2022 ORE 18,30

Di seguito un estratto dell’omelia di don Marco nel giorno delle esequie (Luca, 15).
“Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro»”. 
Ho conosciuto Davide nel dicembre del 2019, durante i primi mesi qui alla Sacra Famiglia. Una sera dopo la MESSA ha chiesto di parlare con me e mi ha illustrato la sua situazione di indigenza. Mi ha colpito il fatto che non chiedesse niente, ma voleva solo parlare.
Mi raccontò a grandi linee la sua vita che potrei riassumere così:
“Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto”. 
Era trasandato e molto inquieto. Non riusciva ad ottenere un sostegno economico dall’assistenza sociale che lo potesse aiutare. Voleva andare a denunciare tutto e tutti e a far valere le sue ragioni. L’ho esortato ad essere paziente, gli dicevo che con le discussioni o i litigi non avrebbe ottenuto nulla. Da quel momento quasi ogni giorno veniva in parrocchia. Mi fermavo di tanto in tanto a scambiare qualche parola con lui. In seguito gli venne concesso il sussidio sperato e mi chiese di seguirlo e di aiutarlo ad usare bene quel poco che aveva. Un giorno mi telefonò la sua assistente sociale chiedendomi se potevo accettarlo per un tirocinio. Mi sembrò una buona idea e gli proposi di fare volontariato presso la segreteria. Prese sul serio la cosa, tanto che cominciò a tenersi in ordine e nel giro di qualche tempo fece un’autentica trasformazione. Era più pulito, sbarbato, pettinato e ben vestito.
«Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta». 
I suoi modi rimanevano sempre un po’ rudi, ma a poco a poco cominciò anche ad assumere uno stile più rispettoso, accogliente, gentile. Anche le assistenti sociali notarono il cambiamento. Non era più nervoso e minaccioso, ma collaborativo. Ogni giorno veniva a fare il suo servizio con grande puntualità ed anche il suo modo di fare migliorava sempre più. Era più sereno. A volte tornava quel suo modo di fare di un tempo, ma quando veniva ripreso si correggeva e mi ringraziava perché gli avevo fatto notare il suo errore. Un giorno lo vidi con gli occhi lucidi e mi disse che era stato in chiesa un po’. Mi disse: “tu sei riuscito a farmi pregare”. Lo congedai con una battuta e lui sorrise. Per ogni cosa si consultava con me, anche per le più piccole perché diceva che era giusto che io sapessi ogni cosa. Aveva capito che godeva della mia stima e non voleva tradirla in alcun modo. Aveva imparato l’arte della trasparenza e dell’assoluta onestà.
“Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio»”. 
La risposta mi fu chiara: era consapevole di aver fatto tanti errori nella sua vita che lo avevano portato ad interrompere tanti rapporti e a rinchiudersi in se stesso. Ma poi aveva capito che quella non era la strada giusta per uscire dai suoi problemi. Non si era rassegnato a rimanere ai margini della società ed aveva avuto il coraggio di affidarsi. Il Signore gli aveva dato un’occasione e lui l’ha presa al volo.
Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi.
In parrocchia aveva trovato la sua dignità, aveva trovato la possibilità di non essere più solo e di essere valorizzato per ciò che era, essere riconosciuto come persona, uscire dalla sua invisibilità. Pur continuando ad essere indigente, questa condizione non lo preoccupava più così tanto perché aveva trovato ciò che cercava: una relazione aperta e sincera, essere accolto per ciò che era. Qui nessuno gli rinfacciava il suo passato. Accettava volentieri l’aiuto che gli si dava. Chi gli dava una ciambella, chi il secondo, chi il sugo e così via. La comunità lo aveva proprio adottato. Ma Davide non stava bene di salute. I suoi problemi cardiocircolatori peggioravano. Lo incoraggiavo ad andare alle visite ed esami che gli venivano prescritti. Negli ultimi tempi confidava la sua paura di morire suoi amici più stretti. Anche in questo era stato accompagnato e guidato. Fino a domenica scorsa quando, uscendo dalla sacrestia si è accasciato al suolo. Stavamo recitando il rosario. Siamo subito accorsi e con l’aiuto delle suore e di qualche parrocchiano l’abbiamo soccorso. Subito sono arrivati i soccorsi. Anche noi guidati dal personale medico al telefono abbiamo tentato di rianimarlo con il defibrilatore in dotazione alla chiesa. Siamo stati accanto a lui che, ne sono certo ci ha riconosciuti, nei primi istanti e poi vedendoci si è lasciato andare dopo un sì consegnato a me con il cenno del capo. Ecco la storia di Davide un uomo che di era perduto ed è stato ritrovato, era morto ed è tornato in vita. Il Signore gli ha fatto un dono immenso: era solo, ma è morto con tanta gente accanto che ha continuato a pregare per lui nello stesso istante in cui consegnava la sua anima a Dio. Anche la messa celebrata subito dopo, presente la sua salma, era la testimonianza della festa che in cielo si stava facendo per quest’uomo che aveva tanto sbagliato ma che anche era stato tanto amato da Dio. Aveva lottato per uscire dalla sua situazione di emarginazione, era stato accolto e gli era stata restituita la sua dignità. Questo era il valore più grande che aveva cercato e che veniva prima dell’aiuto economico. Questo aveva trovato tra delle persone che gli hanno dato una grande speranza che può venire solo dalla fede in Cristo.
«Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato»».
Da questa dolorosa esperienza possiamo trarre questo insegnamento: lui era perduto ed è stato ritrovato. Ha avuto il coraggio di fare un passo indietro e di ricominciare. A noi ha fatto comprendere questa splendida pagina della Sacra Scrittura: “Se tu supplisci ai bisogni dell’affamato e sazi l’afflitto, la tua luce spunterà nelle tenebre e la tua notte oscura sarà come il mezzogiorno” (Isaia 58,6-10).