II Domenica del Tempo Ordinario B

Dal Vangelo di Giovanni 1,35-42

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

CHE CERCATE?

Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: «Che cercate?». Anche all’alba di Pasqua, nel giardino appena fuori Gerusalemme, Gesù si rivolse a Maria di Magdala con le stesse parole: Donna, chi cerchi? Il Maestro non vuole imporsi ma la sua passione è farsi vicino, porsi a fianco, rallentare il passo per farsi compagno di strada di ogni cuore che cerca. Che cosa cercate? Con questa domanda Gesù non si rivolge all’intelligenza dei due discepoli ma alla loro umanità. Si tratta di un interrogativo al quale tutti sono in grado di rispondere, dai giusti ai peccatori. Lui, il vero maestro del cuore, fa le domande vere: si rivolge innanzitutto al desiderio profondo che è nascosto in ognuno di noi: al tessuto segreto dell’essere. Che cosa cercate? significa: qual è il vostro desiderio più forte? Che cosa desiderate più di tutto dalla vita? Gesù, il vero maestro, ci insegna a non accontentarci ma a desiderare qualcosa per cui valga la pena di vivere e morire, un desiderio che sia saziato, non solo per qualche momento, ma per sempre. Noi siamo “impastati” di eternità e il nostro desiderio più nascosto è il Cielo. Con questa semplice domanda: che cosa cercate? Gesù fa capire che la nostra identità più umana è di essere creature in ricerca. A tutti manca qualcosa: infatti la ricerca nasce da una assenza, da un vuoto che chiede di essere colmato. Che cosa mi manca? Di che cosa mi sento povero? Gesù non chiede per prima cosa rinunce, non impone sacrifici sull’altare del dovere, ti chiede prima di tutto di rientrare nel tuo cuore, di comprenderlo, di conoscere che cosa desideri di più, che cosa ti fa veramente felice. Che cosa accade nel tuo intimo? Egli ti chiede di ascoltare il cuore. I padri antichi definiscono questo movimento: il ritorno al cuore: “trova la chiave del tuo cuore”. La seconda frase che mi colpisce ogni volta che leggo questo brano è: “quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio”. L’incontro con Gesù fu talmente significativo che l’evangelista—che ha vissuto quell’esperienza—ne annota persino l’orario. Fu un incontro che cambiò per sempre le vite dei due giovani. Avevano trovato la risposta alla loro domanda più profonda. La loro ricerca di senso era stata premiata. Per vincere l’apatia della vita occorre riempire il cuore della passione di essere del Signore. La nostra fede non è semplicemente credere Dio, ma una profonda esperienza esistenziale, un incontro con colui “che solo ha parole di vita eterna”.

Don Marco