III Domenica di Avvento (anno B)

Dal Vangelo di Giovanni 1,6-8.19-28

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui… Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? … Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me.».

VOI NON LO CONOSCETE…

L’uomo che Dio mandò si chiamava Giovanni che significa “dono di Dio”. Dio ci ha donato Giovanni perché potessimo prepararci ad un incontro speciale. Per la prima volta nella storia dell’umanità Dio si mostra con il suo volto e si mette in relazione con noi. Una relazione profonda. Il volto di Dio è il volto di Gesù: “Filippo, non ha capito ancora? Chi vede me vede il Padre”. Finalmente possiamo parlare con Dio, l’Onnipotente che ci ha creato, colui che governa tutto l’universo. Lui il tutto, noi il poco. Dio il “Totalmente Altro” vuole stare con noi poveri peccatori. Che sproporzione d’amore! Ma c’è una verità: sia Dio che noi poveri uomini possiamo amare con tutto noi stessi: lui ci ama infinitamente con tutta la sua capacità divina e noi possiamo amarlo con tutto l’amore che possiamo avere in noi stessi anche se siamo tanto limitati. Tutti, se vogliamo, possiamo essere pieni di fede e di amore secondo la nostra capacità di contenerli. Entrambi, Dio e io possiamo dare tutto. Noi in modo umano Lui come Dio. Giovanni ci prepara all’incontro. ma non possiamo incontrare il nostro Tutto se non siamo preparati. La fede va coltivata ogni giorno, fatta crescere attraverso l’ascolto della Parola che ci aiuta a conoscere il Signore. “Non si può amare se non ciò che si conosce e non si conosce se non che si ama”. Così ci ricordava sant’Agostino. La relazione con il Signore si coltiva con un continuo dialogo con lui, dove la fede ci aiuta a riconoscere la sua presenza in ogni secondo del nostro vivere, la speranza ci rende possibile l’impossibile della fede e l’amore diventa in noi la prima e la più vera forma di giustizia. Ma noi a volte siamo così presi da noi stessi che Gesù passa in secondo piano. Rischiamo di vivere tutta una vita nell’illusione di aver conosciuto il Signore, senza aver mai fatto un passo verso di Lui. “Voi non lo conoscete” proclama Giovanni. E’ veramente così: se non lo desideriamo con tutto noi stessi, noi non conosceremo mai il Signore. Se il fuoco dell’amore di Dio non ci infiamma avremo rischiato di correre invano. Cosa porteremo con noi al termine della nostra vita? L’affanno, le ansie o un cuore purificato che trova la pace solo cercando il volto di colui che ci ha amato da sempre? Troveremo la nostra pace quando avremo trovato lui. Sperimenteremo la vera e intima gioia quando saremo veramente in comunione con Lui. “Noi siamo fatti per te e il nostro cuore non trova pace se non in te” (s. Agostino).

Don Marco